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Channel: world war z – i400Calci
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Tanti zombie, neanche uno zombie: la rece di World War Z

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«UH UH UH!».

«UH UH UH!».

World War Z è uno splendido romanzo firmato da Max Brooks, il figlio di Mel. Costruito sul modello delle oral histories del premio Pulitzer Studs Terkel, è un ammirevole tentativo di riscrivere la storia del genere senza allontanarsi di un millimetro dalla tradizione; strutturato come un diario di guerra, raccoglie aneddoti, eventi, cronistorie, bugie da tutto il mondo relative all’eponima Guerra mondiale degli zombie, cominciata in Cina e finita nella merda per tutti. A volte divertente, a volte angosciante, a volte deprimente, ricco di satira raffinata e umorismo becero, World War Z è uno dei capolavori a base di morti viventi di questi anni. Il romanzo ha ispirato l’omonimo film, con il quale non c’entra quasi un cazzo.

O anche: World War Z è un mediocre baraccone cinematografico eretto da Brad Pitt e Marc Forster al grido di «facciamo il film di zombie per tredicenni!». Il film, ambientato durante i primi mesi della Guerra mondiale degli zombie, segue le avventure di Gerry, un ninja ex impiegato dell’ONU che vaga per il mondo in cerca di un vaccino per il virus che sta trasformando l’umanità in bestie assetate di sangue qualcosa. A volte spettacolare, a volte noioso, a volte MACCOSA, piatto come una banconota e ispirato come una cartolina da Rimini, World War Z è uno dei più innocui film a base di morti viventi di questi anni, deturpato da un finale che grida vendetta. Il film è ispirato all’omonimo romanzo, con il quale non c’entra quasi un cazzo.

Oppure: SIGLA!

Non comincia nemmeno troppo male. Dove lo zombie movie medio ama costruire la tensione con lentezza e metodo, giocando con i contrasti tra quotidianità ed emergenza (i primi tg impanicati, un’ombra nel vicolo dietro casa), World War Z comincia in medias res*, con un ingorgo tra le strade di Philadelphia, un mucchio di infetti che mordicchiano i passanti, la fuga precipitosa del normale padre di famiglia Brad Pitt per mettere in salvo sé stesso, sua moglie Mireille Enos e le sue due figlie Attrici Random. Puntando sul realismo delle riprese – senza scadere nel found footage o nella Parkinson-cam – e su un montaggio serratissimo e ritmato, Forster trasmette bene il senso di panico che una folla urlante, terrorizzata e senza idea di dove fuggire farebbe insorgere anche nel più paludato degli esperti di shopping.

«È come il Black Friday riga', state tranquilli».

«È come il Black Friday riga’, state tranquilli».

La fuga è solo l’inizio di un’avventura assolutamente anonima – ma molto spettacolare e tiratissima, almeno per un’ora e qualcosa – in cerca del MacGuffin magico che sconfiggerà gli zombie. Salta fuori, infatti, che Brad Pitt (o Gerry se preferite) non è un normale padre di famiglia ma una specie di ninja magico con i superpoteri, ed è per questo che un tempo lavorava come Agente Qualcosa per l’ONU. Perché l’ONU l’abbia lasciato andare viste le sue qualità sovrumane** (le uniche che lo distinguono da una sagoma di cartone, tra l’altro) rimane un mistero, fatto sta che qualcuno si accorge finalmente della cazzata, lo sequestra insieme alla famiglia e gli impone di vagare in luoghi random del pianeta in cerca di qualche indizio su come sconfiggere i morti viventi.

Bene! Finalmente un film di zombie diverso! In cui il protagonista fa qualcosa di più del semplice «sopravviviamo»! In cui c’è un obiettivo da raggiungere! In cui le location sono più di due, e anzi si svaria dalla Corea del Sud a Gerusalemme! E pensate, persino la minaccia non-morta è differente: gli zombie non sono più gusci di esseri umani svuotati della loro – perdonatemi il termine – anima e quindi doppiamente inquietanti poiché sottendono la domanda «cosa rende davvero umano un essere umano?», ma una sorta di tipo di specie di insetti controllati da una non meglio specificata mente collettiva che consente loro azioni altamente coordinate e contrarie all’immaginario del morto vivente stupido e caracollante. Vederli in azione è come vedere in azione un gruppo di squali che hanno fiutato il sangue: sono veloci, sono letali, soprattutto sono puliti ed educati e non sporcano in giro.

Sopra: cavar sangue da una rapa in CGI.

Sopra: cavar sangue da una rapa in CGI.

Per quanto tratti di cadaveri ambulanti che mordono la gente per infettarla, infatti, World War Z è quanto di più innocuo si sia mai visto nella storia del genere, al punto che sarebbe stato più furbo mollare subito la parola “zombie” (nel titolo e nei dialoghi) e optare per un più generico, chessò, Infezione totale. In quasi due ore di film non gocciola a terra manco un microgrammo di sangue, il che è accettabile quando Forster punta su scene delicatissime come quella illustrata nella foto qui sopra, che ritrae cataste di cadaveri ammassate di fronte al muro del pianto o qualche altra struttura analoga situata nei pressi di Gerusalemme, funziona molto meno quando il poveraccio che ha girato l’unico Bond di quelli con Craig odiato da tutti è costretto a evoluzioni e contorsioni pur di evitare di riprendere un cranio spappolato o un braccio mozzicato. Arriva un momento in cui ci si annoia dello spettacolo in computer grafica e non si può far altro che ridere dell’educazione con cui viene affrontata l’emergenza.

Poi, all’ennesimo cambio radicale di setting in un’ora, quando ci si sta abituando a considerare WWZ nient’altro che uno spot della Lonely Planet con qualche simpatica botta qui e là e un paio di corsette rinfrescanti dei protagonisti, quando è ormai chiaro che questo B-movie da 200 milioni di dollari è un film relativamente gradevole a piccole dosi per quanto presto dimenticabile, quando neanche l’assenza di violenza riesce più a minare la convinzione che un confortevole anonimato sia un trionfo a fronte del rischio di disastro che il film poteva sulla carta rappresentare, succede una cosa. Arriva lui.

«HUEHUEHUEHUEHUEHUEHUH».

«HUEHUEHUEHUEHUEHUEHUH».

Ora, io GIURO che non volevo dedicare l’ultima parte del pezzo alla complessa storia produttiva del film, a Damon Lindelof e a come il suo finale completamente riscritto trasformi un film da 5,5 d’incoraggiamento in un film da MACCOSA CON LODE. Non volevo perché che palle, tutte le volte che c’è di mezzo lui si finisce per ignorare tutto il contorno e concentrarsi solo sulle sue scelte di scrittura idiote e pretestuose, diventate a quel punto l’unica cosa di cui è interessante parlare. Che è un incubo per chi vuole scrivere di un film senza spoilerarlo. Facciamo così: vi piazzo prima la versione censurata e non-spoilerosa del perché il finale di World War Z è un disastro, poi scrivo SPOILER e se non avete visto il film potete smettere di leggere.

In pratica: indizio dopo indizio, monotonia dopo monotonia, Brad Pitt sembra essere arrivato all’ultimo viaggio, quello che gli darà risposte a domande come «qual è il vaccino? Perché non mi ricordo i nomi di nessuno degli altri personaggi di questo film? Forse perché sono tutti assolutamente senza personalità?». Poi succede qualcosa che potrebbe coinvolgere un aereo, Brad Pitt inciampa casualmente nella soluzione, IL FILM INTERO PERDE DI SENSO, titoli di coda, aspettiamo il sequel, ciao, grazie.

«Ciao arrivederci».

«Ciao arrivederci».

Versione con gli SPOILER

Da quando Lindelof prende in mano il timone della sceneggiatura, riscrivendo di fatto un finale completamente diverso e persino già girato, succedono le seguenti cose:

• Brad Pitt sale su un aereo diretto in Galles, dove stanno i laboratori dell’OMS. Nel cesso di questo aereo è nascosto uno zombie, che salta fuori quando meno te lo aspetti!

• per sconfiggere lo zombie, Brad Pitt gli lancia una granata. L’aereo precipita e Brad Pitt ammazza l’intero equipaggio a parte sé e Amico.

• il laboratorio dell’OMS è invaso dagli zombie! Oh no! Pensa che sfortuna recarsi in un luogo pieno di… ehi, ma come mai tu, Dottore, non sei infetto?

• Brad Pitt lo guarda, capisce, ha l’intuizione del secolo: gli zombie non mordono i feriti e/o quelli malati terminali poiché non sono veicolo valido per l’infezione! Genio! Artista! Incredibile come in un mondo in cui già miliardi di persone sono state infettate il primo ad accorgersene sia un ninja in Galles! Pazzesco pensare a tutti quei malati di cancro con sei mesi di vita che vengono ignorati dagli zombie e io me li immagino che li inseguono urlando «no signor zombie, mi morda, ho ancora sei mesi per spargere l’infezione, non mi faccia sentire escluso!».

• e c’è di più! Quello che scopriamo grazie a Brad Pitt è che gli zombie possono annusare la tua malattia gravissima e debilitante anche attraverso i vetri! Come dice Darth c’hanno la TAC integrata negli occhi! Ma catturiamone un po’ e usiamoli come macchina per le diagnosi di malattie orribili!

Dopodiché Brad Pitt inventa il vaccino magico e tutti vissero felici e contenti fino al sequel annunciato dallo stesso Brad Pitt con le parole «This is not the end. Not even close» proprio in chiusura di film.

Sopra: calma, dignità e classe.

Sopra: calma, dignità e classe.

E niente, questo è quanto. World War Z poteva essere un discreto disaster movie da domenica pomeriggio, piatto e senza alcuna pretesa ma funzionale a un’oretta e mezza di divertimento; e nel caso avrei riservato le mie lamentele a chessò tipo un editoriale da fanboy intitolato “Perché WWZ non è un film di zombie e quindi fa schifo”.

Invece alla fine arriva Lindelof e infarcisce lo script di buchi e salti logici, e tutto nel vano tentativo di nobilitare con basi pseudoscientifiche e circa razionali un’opera che di nobilitazione non aveva alcun bisogno, facendo esplodere il Maccosometro e precipitare la valutazione di World War Z pericolosamente vicino allo zero.

Vaffanculo.

DVD-quote suggerita:

«Ma vaffanculo»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)

«Un film assolutamente anonimo, non fosse stato per il mio intervento!»
(Damon Lindelof, pirla)

«C’è anche Pierfrancesco Favino!»
(Pierfrancesco Favino)

IMDb | Trailer

* la velocità a cui si diffonde il virus, tra l’altro, rende improbabile il fatto che dopo qualche giorno di avventure di Gerry ci possa essere ancora qualcuno sano al mondo, ma tant’è.

** tra cui quella di trovare sempre un aereo disponibile per viaggiare in giro per il mondo, nonostante il panico causato dall’infezione che avrebbe presumibilmente dovuto far chiudere ogni spazio aereo possibile e immaginabile.


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